Prima o poi parlerà: i campanelli d'allarme di un ritardo nello sviluppo del linguaggio

 

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Luca è un bambino di 2 anni e 4 mesi, è vivace, segue il papà nei lavori di giardinaggio, imitandolo con una carriola e un rastrello. È in continua attività e molto aperto alla comunicazione: alla vista di due vicine di casa corre verso di loro, alza le braccia sorridendo e vocalizzando; dopo essere stato preso in braccio allunga la mano e indica la cucina, dove qualche giorno prima aveva ricevuto un biscotto.

Luca è intelligente, ha uno sviluppo motorio buono, è disponibile e interessato alla comunicazione..ma le uniche parole che dice sono mamma, papà e nonna. Alla sua età la maggior parte dei bambini sa produrre qualche centinaia di parole diverse, e sa combinare queste parole in brevi enunciati.

I genitori di Luca sono preoccupati. Non sanno cosa aspettarsi, si chiedono se il loro bambino recupererà in fretta il suo ritardo linguistico, o se rimarrà sempre più indietro degli altri. Sentono dirsi dal pediatra che Luca sicuramente parlerà a tre anni e che tutto procederà poi normalmente.

 I bambini imparano a comunicare in tempi straordinariamente rapidi, prima con lo sguardo, le azioni, i gesti e poi progressivamente , si appropriano di uno strumento ben più complesso e sofisticato che è il linguaggio, o meglio la lingua parlata dall’ambiente che li circonda. L’importanza del linguaggio nella vita umana può indurci a pensare che “l’imparare a parlare” sia totalmente regolato da fattori interni e di tipo biologico e in gran parte è così, quindi è giusto pensare che lo sviluppo del linguaggio abbia una notevole variabilità individuale..ma fino a che punto va bene pensare questo? Fino a che punto si può attendere? Si sente sempre più spesso dire: “non c’ è niente di cui preoccuparsi, il bambino parlerà”.

Questo sicuramente è vero, poiché non esistono adulti che non parlano, prima o poi si parla! Ma le ripercussioni che può avere un ritardo/disturbo di linguaggio sulla vita di un bambino sono reali e scientificamente provate: un bambino parlatore tardivo può sviluppare dei disturbi della sfera emotiva e caratteriale a causa del suo ritardo, e ritardando l’acquisizione linguistica potrebbero ritardare anche i processi di acquisizione della letto-scrittura.

Ad oggi la percentuale di bambini con un forte ritardo linguistico a due-tre anni oscilla tra il 9 e il 17% con una prevalenza di maschi rispetto alle femmine. Da qui l’importanza di una segnalazione imminente alle famiglie perché la prevenzione è la miglior cura.

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Quindi cosa fare in questi casi?

Il medico di riferimento del bambino, quindi il pediatra, dovrebbe segnalare alla famiglia che il bambino potrebbe avere un ritardo nell’acquisizione del linguaggio e dare indicazione ad effettuare una visita specialistica da un altro medico di riferimento che in questi casi può essere il neuropsichiatra infantile o il foniatra. Questi ultimi dopo una prima visita invieranno la famiglia allo specialista che si occupa nello specifico di problematiche relative al linguaggio cioè il logopedista.

Inizia cosi l’iter valutativo che a seconda del bambino, dell’età e dell’entità del disturbo può seguire percorsi diversi e numero diverso di sedute di valutazione.

Nel caso di Luca (bambino molto piccolo) inizierei la mia valutazione con una seduta semi-strutturata proponendo al bambino dei giochi da fare a terra o a tavolino, accontentando le sue scelte e rispettando la sua personalità. Durante il gioco posso osservare diverse cose: lo stile comunicativo del bambino, la sua capacità di interazione, il suo livello di gioco, di attenzione, e ovviamente osservo e ascolto il suo linguaggio spontaneo se presente; valuto anche se è in grado di comprendere ordini e consegne dalle più semplici alle più complesse; posso richiedere di denominare i colori e di fare un disegno per valutare l’abilità grafica e di simbolizzazione; indago se conosce le parti del corpo insomma mi faccio un’idea generale delle competenze del b.no il tutto divertendoci e scoprendo.

Successivamente se il bambino collabora, posso sottoporlo a una valutazione con dei test standardizzati ovvero dei semplici fascicoli con figure divertenti e colorate che faccio vedere al b.no e posso chiedere di denominarle, di comprendere quella che denomino io e posso trascrivere come il b.no pronuncia i suoni e le parole. Il test standardizzato mi permette di paragonare la prestazione del b.no con la prestazione che in media ci si aspetterebbe dalla maggior parte dei b.ni di pari età cronologica. Tali test permettono di valutare il linguaggio nelle sue vaie componenti: fonetico-fonologica, semantico –lessicale, morfo-sintattico, narrativo e pragmatico. Una volta finita la valutazione col b.no il logopedista si riunisce con l’equipe di professionisti che hanno in carico il piccolo paziente e insieme si stila il piano di trattamento che verrà comunicato ai genitori.

Prendendo sempre in esempio il caso di Luca solitamente l’intervento è almeno bisettimanale e prevederà sedute di gioco più o meno strutturate per permettere la maturazione e lo sviluppo delle abilità carenti ovvero le aree di debolezza emerse alla valutazione.

Nel corso del trattamento si effettuano sedute di valutazione almeno ogni sei mesi per monitorare il percorso ri/abilitativo e apportare cambiamenti se necessario. Inoltre si effettuano dei colloqui con i genitori allo scopo di illustrare il piano di trattamento e dare se necessario dei consigli su come stimolare o gestire il b.no anche a casa.

E’ importante quindi che sia lo specialista (Logopedista o Neuropsichiatra Infantile) a valutare la necessità o meno di un trattamento logopedico, è importante che questa scelta non sia lasciata ai consigli di amici e parenti o medici di altre branche che, con l’intento di rassicurare, possono far perdere tempo prezioso al recupero del bambino facendo sì che si strutturino le difficoltà ed evolvano negativamente.