B-ba-balbuzie: quando la voce si interrompe

 

Scritto dalla Dott.ssa Sara Rulli, Psicologa e Dott.ssa Nancy Mazzella, Psicologa-Psicoterapeuta

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Balbuzie: dal latino bàlbus, con questo termine, facciamo riferimento ad un disordine nel ritmo della parola (in medicina definito disfluenza verbale), nel quale il bambino sa con precisione quello che vorrebbe dire, ma allo stesso tempo non è in grado di dirlo a causa di involontari arresti, ripetizioni e/o prolungamenti di un suono. Insorge in età infantile, di solito nel periodo dei 2-6 anni, colpisce maggiormente il sesso maschile ed è presente in tutte le culture e gruppi sociali.

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E’ considerato come uno dei più diffusi disturbi del linguaggio, circa l’1% della popolazione mondiale ne è affetto, e viene spesso vissuto con grande sofferenza e disagio.

La balbuzie è un fenomeno universale, testimoniato fin dall’antichità. E’ noto che persino Alessandro Manzoni avesse la medesima difficoltà nell’esprimersi, grave a tal punto da spingere lo scrittore a rinunciare all’invito rivoltogli ad occupare un ruolo nel parlamento italiano. Qualcuno ritiene che i balbuzienti siano persone destinate, nonostante gli sforzi, a rimanere povere culturalmente, ebbene, Alessandro Manzoni rappresenta in proposito una solenne smentita.

Per fare una diagnosi di balbuzie è necessario che l’anomalia nell’eloquio (ripetizione di sillabe, suoni o intere parole, il prolungamento di suoni, le pause all’interno di una parola o di un discorso, la sostituzione o l’emissione di parole) interferisca con i deficit scolastici e/o con la comunicazione sociale.

La balbuzie può essere primaria o secondaria. Con il termine primaria facciamo riferimento ad un tipo piuttosto comune che, di solito, tende a regredire spontaneamente con l’età; si presenta tra i 2 e i 5 anni e tipici di questa balbuzie sono i blocchi, le ripetizioni ed i prolungamenti di alcuni vocaboli. La balbuzie secondaria, che insorge tra i 6 e i 14 anni, invece, solitamente è conseguenza di quella primaria; in essa possiamo osservare, oltre alla difficoltà di compiere un discorso fluido, anche la presenza di movimenti riflessi (ad esempio uno sbattere continuamente le ciglia durante il discorso). Distinguiamo inoltre una forma tonica, la cui caratteristica è la ripetizione di una sillaba o di una parola (questa sembra essere la più comune e di solito chi ne è colpito viene descritto caratterialmente timido, schivo verso i rapporti umani, introverso e riflessivo); una forma clonica, caratterizzata da blocchi più o meno gravi sia nell’iniziare che nel corso di un discorso e una mista, in cui allungamento e ripetizione si sommano, fino a rendere quasi impossibile la comunicazione.

Ma cerchiamo di capire da dove hanno origine le balbuzie. Le cause che sono alla loro base rappresentano tutt’ora oggetto di studio per molti autori che, da sempre, cercano di dare una spiegazione alla loro genesi. La risposta si colloca tra una varietà di fattori che vanno dalla genetica alla maturazione cognitiva, ad un deficit dello sviluppo neurologico e a fattori individuali e ambientali. Si è arrivati a parlare di balbuzie come di sindrome multiproblematica poiché essa potrebbe derivare da diversi fattori i quali, interagendo tra di loro, causerebbero diversi livelli di gravità. Varie sono quindi le ipotesi che gli studiosi stanno vagliando ma, ad oggi, nessun gene è stato ancora scoperto. Vale la pena soffermarsi però sull’aspetto psicologico: infatti, un ruolo importante nel dinamismo della balbuzie è svolto dalle emozioni e soprattutto dal come vive le sue emozioni chi balbetta. Risulta quindi fondamentale comprendere cosa si cela dietro la balbuzie, quali sentimenti ed emozioni provano bambini ed adulti che si trovano a vivere in questa condizione. Il balbuziente teme di fallire nelle cose più semplici, come parlare, bisognerà perciò aiutare chi balbetta a conoscersi meglio e a capire cosa fare quando è chiamato ad esprimersi poiché in lui è forte il timore dell’opinione degli altri, anche se questa paura, in fondo, non è altro che un giudizio negativo che la persona esprime verso se stessa. La balbuzie potrebbe però anche essere sintomo di un disagio che si sviluppa in un determinato contesto, come ad esempio a scuola, o in famiglia: il bambino vive un’emozione negativa che non riesce ad esprimere e inizia a balbettare; in questo caso quindi, il sintomo potrebbe essere rivelatore di un’altra condizione psicologica.

Cosa si può fare quando il bambino balbetta? Questa è una domanda che ci si pone spesso e la prima cosa da sapere è che i genitori possono fare molto per aiutare il proprio figlio.

1. Sarà importante e necessario accettare il bambino con il suo problema, spiegargli in maniera semplice cosa è la balbuzie, del resto a tutti capita quando siamo stanchi o agitati di avere qualche esitazione verbale.

2. Occorrerà non mettergli fretta quando parla, non anticiparlo o concludere la parola al suo posto;

3. Non sbuffare o mostrare fastidio o imbarazzo, quanto piuttosto aspettare con pazienza che finisca il discorso, senza mortificarlo e senza creare aspettative di alcun tipo, sia in positivo che in negativo.

4. Fargli capire che lui non è diverso dagli altri, ha tante cose belle e, insieme a queste anche una difficoltà che, con un po’ di aiuto può imparare a tenere sotto controllo.

Come già detto in precedenza, la balbuzie è un disturbo del linguaggio con una componente che interessa anche la sfera emotiva e comportamentale. Per questi motivi sarebbe bene rivolgersi tempestivamente ad uno specialista per fare in modo che i vissuti negativi del bambino e dei genitori non vengano alimentati in un circolo vizioso. In tal senso è consigliabile rivolgersi ad un centro come il nostro che possa offrire un supporto adeguato grazie agli specialisti presenti:

  • il logopedista che potrà aiutare il bambino a modificare la balbuzie attraverso esercizi mirati.

  • lo psicologo che potrà lavorare sull’autostima del bambino, aiutarlo a gestire le emozioni e nel contempo sostenere il contesto familiare.